Alone Regista: Jafar Najafi
Alone
Regista: Jafar Najafi
Cast: Amir Mohammad
Provenienza: Iran
Anno 2022
Autore recensione: Roberto Matteucci
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“La nostra casa avrà un letto.”
L'articolo 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1), decreta l'inadeguatezza dei bambini al matrimonio. Riconosce l'esistenza di un limite ma non lo quantifica:
“Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi ...”
Stabilisce la necessità di un
“... libero e pieno consenso dei futuri coniugi.”
Non indicare una età precisa ma semplicemente richiamando a una adeguatezza e a una consona maturità, è una sensibilità per riconoscere una molteplicità culturale e sociale fra le nazioni del mondo.
Qual è l'età adatta per sposarsi? Per le gemelle iraniane Marzieh e Razieh di dodici anni, protagoniste del film Alone diretto da Jafar Najafi, presentato alla 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, la loro età è giusta e sono pronte a maritarsi: “Ora siamo adulte dobbiamo sposarci.”
L'ambientazione è nel sud-ovest dell'Iran, nella provincia di Chahar Mahal e Bakhtiari. Una regione prevalentemente montuosa e un'economia agricola con un livello economico basso.
I matrimoni con le bambine sono un fenomeno diffuso in Iran. Le statistiche sono impressionanti:
“More than 1,077,000 female child marriages have been registered in Iran in the last eight years, including 13,500 involving girls under the age of 13, with an untold number more taking place off the books.” (2)
Più di un milione di matrimoni di fanciulle e, addirittura, oltre tredicimila sotto i tredici anni. Le percentuali delle zona rurali sono quelle più sconcertanti:
“But in Ardebil in 2021, some 55 percent of all marriages recorded in 2021 involved girls aged under 18. … The provinces with the highest known ratio of marriages of girls under the age of 15 were Zanjan, North Khorasan, and Razavi Khorasan, and of girls under 13 in Zanjan, Sistan and Baluchistan, and East Azerbaijan. There was also a high rate of marriages involving under-13s recorded in Khodabandeh, Bostanabad and Quchan counties.” (2)
C’è una sottovalutazione perché lontano dalle città molti matrimoni non sono registrati. (3)
Peggiore la situazione in altre nazioni. Ai primi posti ci sono Niger, Ciad, Bangladesh, Mali, Guinea, Republica Centroafricana ma pure Nepal, India, Nigeria, Nicaragua. (4)
Perfino negli Stati Uniti, le unioni fra minorenni sono elevate:
“According to the US-based organization Unchained At Last, some 248,000 children as young as twelve were married in the country between 2000 and 2010.” (5)
Le motivazioni sono diverse. Nei paesi più poveri ci sono ragioni finanziarie ma anche il più rapido sviluppo dei bambini. Nelle nazioni occidentali sono argomentazioni d'immaturità, innanzitutto delle attività sessuali sempre più precoci e nell'utilizzo di anticoncezionali. Inoltre c'è una pedofilia diffusa, ricercata e accettate nelle classi elevate e di potere, come nel caso Jeffrey Epstein.
In Iran, come reagiscono e resistono ai matrimoni dei minori?
Lo strumento del giovane regista iraniano Jafar Najafi è il quattordicenne Amir. Amir è della provincia di Chahar Mahal e Bakhtiari. Il padre è morto e il ragazzo è diventato il capofamiglia perché unico maschio. Gli altri componenti sono la madre, la nonna e le gemelle. Aveva un'altra sorella maggiore ma è morta poco dopo il suo matrimonio.
La consuetudine del posto è esplicita. Il vedovo deve sposare una sorella della moglie. Perciò una processione di mediatori infastidisce Amir. Devono convincerlo ad acconsentire al matrimonio, deve scegliere una delle due e concederla in nozze al cognato. Ma le bambine hanno dodici anni, e Amir rifiuta. Non cede. Sono troppo giovani, sono delle bimbe, devono dedicarsi alle frivolezze e a studiare. Amir si oppone alla tradizione.
Le sorelle giocano a essere grandi e perciò vogliono sposarsi. Si oppongono alla decisione del fratello. L'uomo è benestante e desiderano una bella casa con un letto. La loro abitazione è misera, senza mobili con un tappeto.
Il film ha un tema unitario: il matrimonio fra le bambine in Iran, sullo fondo sociale in un'area depressa.
L'opinione del regista è chiara:
“Sto trattando nel film della vita di bambini, si tratta di bambini e ritengo che i bambini devono vivere e fare i bambini ecco perché uso molto gli elementi colorati, non solo per rendere più attraenti agli occhi dello spettatore ma perché il messaggio è che i bambini devono vivere in un mondo gioioso, in un mondo pieno di colore e devono crescere così, devono crescere, vivere come facendo la vita da bambini e non devono crescere velocemente facendo la vita degli adulti. Alla fine il messaggio del film che non ci devono essere più bambine spose.” (6)
È un messaggio comprensibile. Esclude una giustificazione religiosa. È la consapevolezza di chi proviene dalla regione come il regista:
“... conosco bene le tradizioni i diversi strati culturali di quella tribù.” (6)
Perciò Jafar Najafi conosce profondamente la mentalità degli abitanti.
Opera in maniera meticolosa sui ragazzini, soprattutto su Amir, un vero mattatore.
Amir è un pastore, lavora tantissimo. È costretto a svolgere il ruolo di un uomo ma è un soltanto un bambino. Opponendosi alle regole rurali è un ribelle ma simpatico. Strappa l'erba del prato, è nervoso, urla come se fosse un padrone, dice cattiverie alle sorelle, ma gli vuole bene e desidera proteggerle.
Il film è un documentario con una quota di finzione per alimentare la tensione e il ritmo:
“I also used some elements of fictional cinema such as tying knots, creating suspense , but this does not mean creating an event or interfering with reality.” (7)
Il suo concetto di documentario è realizzare, nascondendolo, almeno in parte, un dramma:
“The documentary “Alone” is the hidden drama.” (7)
Il regista ha una concezione di purezza del documentario. Alone è quindi dolce, divertente, colorato, puro. Qualità da concepite prima del montaggio:
“The discovery of this drama must have happened before reaching the editing room 1,31 and it should happened during the reserch and screeplay stage. I discover the drama in “Alone” during the research and screeplay stages.” (7)
La sua idea è onesta, schietta, sincera. Purtroppo non la pensano allo stesso modo altri documentaristi, i quali usano il montaggio come arma di distruzione di massa.
Confermano la sua tesi la scena di quando Amir aggredisce fisicamente le sorelle. I tecnici del film intervengono nella inquadratura per fermarli. Ovvero quando il vedovo sopraggiunge e provoca lo staff chiedendo spiegazioni del loro accanimento verso di lui.
Il regista non si nasconde. Se da una parte aggiunge finzione, dall'altra mostra la realtà produttiva cinematografica.
L'introduzione è sia descrittiva, sia sociale. Primo piano di alcune bambine, un canto, qualcuno fa la doccia. Intorno c'è solo desolazione. Campo lungo per mostrare la loro modesta casa. Il conflitto è fra Amir e le usanze della sua terra. La conseguenze sono litigi continui, confronti duri con gli intermediari, un futuro incerto. L'opposizione di Amir è ancora ostinata ma fino a quando. L'aspettativa di una soluzione svanisce perché la vita procede come sempre.
Il ritmo è dettato dai numerosi contrasti della trama. I dialoghi fra i giovani, quello con le sorelle vogliose di sposarsi, l'ironia sulla differenza di tre minuti nella nascita fra Marzieh e Razieh.
Il contrasto interviene fra il loro atteggiamento da bambini, gli infantili scherzi, i giochi e le conversazioni sui problemi dei grandi, la contrapposizione fra Amir e le sorelle. Dai loro visi sorridenti appare come le due bambine non sanno cosa sia un matrimonio, non conoscono e neppure immaginano i loro obblighi. La camera fissa consente una esaltazione dei loro caratteri. I bellissimi vestiti e i colori primari esaltano l'atmosfera terza e brillante.
Il regista evita giudizi. Non c'è bene o male, non ci sono influenze religiose. La tradizione iraniana è presente nei discorsi dei tanti mediatori.
Da secoli i cannibali sono considerati all'unanimità abominevoli e disgustosi, pertanto sono estromessi dalla società. Ma i cannibali sono malvagi? Segue questo pensiero Luca Guadagnino nel film Bonus and All presentato al 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il quale dal suo profondo ego si crede Dante mentre racconta di Ugolino nell'Antenora, la seconda zona del nono cerchio dell'Inferno della Divina Commedia.