Non abbiate paura di Allan Gurganus
Non abbiate paura di Allan Gurganus
Playground, Roma
2014
Autore recensione: Roberto Matteucci
“ … gli adulti hanno sempre un’aria sciatta alle recite degli adolescenti …” (Pag. 10)
“Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.” (Genesi 2; 24) Con questa citazione biblica, Sigmund Freud in Psicologia della Vita Amorosa (Bollati Boringhieri, Torino, Prima edizione 1976) esprime il momento del doloroso distacco fra i genitori e i figli. Una separazione necessaria, per evitare l’ottenimento dell’oggetto sessuale all’interno della famiglia.
Un argomento controverso, difficile al quale solo un autore coraggioso come Allan Gurganus può affrontare in Non abbiate paura (Playgroung, Roma, 2014).
L’americano Allan Gurganus ha avuto la temerarietà di descrivere, in I piccoli eroi (Playground, Roma, 2011), dei ragazzi desiderosi di crescere velocemente, affrontando con causticità l’argomento della pedofilia.
È ancora più audace in Non abbiate paura, presenta, con un lungo giro strutturale, un tema, forse ancora più intrattabile, sempre affrontato, addirittura, con un’autocensura. Sul tema neppure un bisbiglio è permesso, perché pensare a quell’argomento ci pone a disagio, con un malessere profondo, preferiamo pensare che non esista.
Allan Gurganus inizia con un’esposizione in prima persona, la voce è di uno scrittore in ambasce, durante una recita teatrale di studenti. Successivamente, ancora esso, si lancerà in un resoconto quasi biografico, di una coppia amorevole e bellissima, incontrata durante lo spettacolo.
Lo scrittore lo affronta come un mistero, con slanci splatter e tanta dose di sensualità.
Tralasciamo la prima parte, ha una finalità meramente temporale e spaziale, per concentrarsi sulla storia di due amici, due uomini entrambi sposati ed entrambi con figli.
Fra essi l’autore non nasconde una complicità profonda:
“… erano così amici e da così tanti anni da somigliarsi fisicamente.” (Pag. 27)
“… non li scambiavano più per fratelli, ma per gemelli.” (Pag. 40)
Ma la sconvolgente fatalità ha dell’agghiacciante, uno di essi sarà ucciso in un incidente nautico. Gli amici sono al mare, il dottor Dennis è alla guida di un motoscafo, l’amico è in acqua e non vede sopraggiungerlo. L’elica gli taglia la testa. Una descrizione macabra, con il corpo decapitato pescato nel mare. Il dottor Dennis si sente in colpa: “Lui stesso aveva chiesto al giudice una pena esemplare.” (Pag. 38) nomina la moglie e la figlia dell’amico morto come eredi del suo patrimonio.
Allan Gurganus è perfido e ci frastorna ancora di più. Fra il dottor Dennis e la figlia quattordicenne d’amico nasce un desiderio di consolazione reciproca, e più tardi nascerà anche un figlio. Per la vergogna, il bambino sarà allontano e dato in adozione.
Ora l’autore tralascia il dottore, l’amico morto, la moglie. Spariscono per restringersi sulla figlia - chiamata “Nonabbiatepaura” per una disavventura sempre teatrale - e il bambino abbandonato.
Passano diciannove anni, Nonabbiatepaura è sposata, ha avuto altri due figli, ma il neonato scomparso è un vuoto da riempiere: “Le piccole, essendo figlie programmate, sembravano il prodotto di una vita diversa, più arida.” (Pag. 68)
Prosegue con un autentico elogio a internet, perché utilizzando il figlio riuscirà a incontrare la madre naturale. Trentatré anni la donna, diciannove il ragazzo: “Penso che siamo più che altro fratello e sorella. Quasi gemelli.” (Pag. 102) Una nuova somiglianza, come quelle della partenza della storia fra i due amici.
La sintesi di questo incontro è specificata da una frase del figlio: “Adesso non ho più paura.” (Pag. 105)
Scritto in prima persona, velocemente, siamo di fronte una saga familiare, un melodramma, mescolati con la usuale capacità ironica nei confronti delle persone e delle situazioni.
Si comincia dallo stesso scrittore narratore, è pieno di dubbi sulla sua ultima opera: “… il mio romanzo sulla Guerra Civile. Ci ho messo sette anni a scriverlo: la guerra è durata solo quattro.” (Pag. 8)
C’è poi un fondo ironico sullo snobismo democratico degli americani, nella presentazione della sala del teatro.
Lo stesso teatro è un filo unificatore della storia, tanti elementi presenti per circondare il nucleo umano della trama. L’autore mostra il crescendo della storia riempiendo i nomi inizialmente mancanti. Prima sembra che non esistono, poi appaiono dei soprannomi, poi quando il mistero umano è svelato, ci sono i nomi veri e adeguati. Il ragazzo è la “Prima avventura”, la madre è “Nonabbiatepaura”.
La nonchalance della scrittura della sciagura sulla spiaggia, è disarmante. La morte avviene con moglie e figlia spettatrici dalla battigia, ma anche l’indifferenza osserva gli avvenimenti. La scrittura diviene pseudo moderna raccontando le funzioni di internet. Il ragazzo amante del computer: “Non ti sembra che le parole motore di ricerca suonino come un nuovo nome di Dio?” (Pag. 71)
Non sarà Dio, ma sarà proprio la rete ha congiungere due persone distanti: “Senza internet non sarebbe stato possibile.” (Pag. 101)
L’autore si lascia andare a una retorica smodata.
“… i semafori sospesi che oscillano come teste mozzate di nobili francesi …” (Pag. 16) richiama la morte dell’amico, anch’esso decollato.
E poi sono alcune pagine, nelle quali la figura retorica dell’anafora danno un ritmo ansimante:
“Mettiamo … Mettiamo … Mettiamo …” (Pag. 45). Il “Mettiamo” iniziale di ogni frase, è un dubbio premonitore. Si trasforma nelle stesse pagine in “Immaginate” per richiamare la nostra attenzione.
Altre frasi si ripetono, come: “Sono tutti più belli quando cantano, soprattutto a quindici anni.” la troviamo sia a pagina sette, sia a pagina settantanove.
Cosa rimane del tema principale, celato, taciuto, innominato?
Sicuramente non c’è vergogna nella coppia, e neppure un accenno d’immoralità. Certo intorno ci sono dei disagi, degli allontanamenti, nessuno saluta la coppia al teatro, ma essi sono vivi e si amano:
“Nessuno gli ha tenuto i posti.” (Pag. 123)
“Fa paura alla gente.” (Pag. 123)
L’amore non è una scelta, nonostante le nostre barriere e le nostre inibizioni sessuali. Si ritorna così a Freud: “… accettando quelle prescrizioni morali che escludono espressamente dalla scelta oggettuale le persone amate nell’infanzia, in quanto consanguinee. … è prima di tutto un’esigenza civile della società …” (Tre saggi sulla sessualità, Bollati Boringhieri, Torino, Prima edizione 1975)
Ma Michael e Susan – il nome della donna appare nel momento del tenero incontro, pronunciate dal figlio – non si sono amati nell’infanzia del bambino, perché separati, perciò nulla vieta la scelta reciproca.
Sopprime ogni dubbio lo scrittore narratore: “Invece di disapprovare, qualcuno potrebbe decidere, se ci riesce, di cercare di amare tutta questa materia viva.” (Pag. 125)
Allan Gurganus compie un altro collegamento. Ancora più esistenziale. Il soprannome della donna è “Nonabbiatepaura” ripreso come da Luca 12,4: “Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla.”
Michael e Susan non hanno alcun timore di essere uccisi, si amano e sopravvivrebbero alla loro stessa morte!