José Regista: Li Cheng

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José

Regista: Li Cheng

Cast: Enrique Salanic, Manolo Herrera, Ana Cecilia Mota, Esteban Lopez Ramirez, Cesar Lorenzo, Yojcom Candido, Juan Andres Molina Cardona, Alba Irene Lemus, Carlos Humberto Fuentes Maldonado, Jennifer Cecilia Amoia Mota, Evelyn Celinda Bautista Torres, Jashua Belvino Argueta Mejia, Valeria Maribel Xutuc Reyes, Mytian Ticas, Rony Andres Saavedra

Anno: 2018

Provenienza: Guatemala, USA

Autore Recensione: Roberto Matteucci

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“Non so quello che voglio.”

Il Guatemala è il paese più popoloso dell'America Centrale, la povertà è tanta e miete vittime innanzitutto fra i bambini.

Il PIL pro-capite è di ottomila cento dollari americani, al 153° posto nel mondo. La metà degli abitanti è sotto i diciannove anni. (1)

Il livello di criminalità è altissimo; la vita è difficile, la popolazione sopravvive di espedienti compresi quelli violenti:

“Violent crime and homicides continue to plague Guatemala. In 2017, the PNC reported approximately 4,400 homicides, 5,200 aggravated assaults, and over 2,900 missing persons. … Guatemala remains consistently ranked by commercial security sources as one of the top 10-25 most dangerous countries in the world.” (2)

Povertà, delinquenza, giovani instabili e senza speranze sono le caratteristiche descritte dal regista cinese – con residenza in USA – Li Cheng nel film José, presentato alla 75ª edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.

Nel 2015 il leone d'oro fu vinto da Ti guardo - Desde allá di Lorenzo Vigas. Aveva peculiarità simili, una storia d'amore omosessuale in una realtà complicata, drammatica, impossibile come è Caracas nei nostri giornia.

Li Cheng cambia ambientazione, si sposta in Guatemala ma c'è sempre una love story gay. I giovani omosessuali sono costretti ad affrontare il problema della sessualità in una società machista con l'aggravante di una crisi economica spropositata.

Il regista vuole descrivere una storia universale. La scelta del Guatemala non fu istintiva ma è il risultato di una selezione fra tante città:

“Investigamos en México, Brasil, Argentina, Uruguay, Perú, Ecuador, El Salvador, Colombia, Chile, Costa Rica, Honduras, Guatemala, 12 países y en alrededor de 20 de las ciudades más pobladas. Centroamérica nos impactó más, por lo que se convirtió en el lugar prioritario. En realidad, Guatemala fue la última estación; supe de inmediato que quería hacer una película allí.” (3)

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Infatti gli eventi non sono esclusivi di Guatemala City. La relazione umana dei protagonisti potrebbe essere comune a molti ambienti complessi e avversi. L'autore auspica una narrazione per un pubblico mondiale, polivalente, valido per tutti. Significativo è l'esclusione, fra le capitali selezionate, di Caracas, la città di Desde allá.

La scelta globale è confermata dal regista:

“Fui en busca de una historia urbana: en el mundo las ciudades están creciendo rápido y es en éllas donde se están innovando y negociando la mayor parte de las relaciones humanas, mientras que en las áreas rurales éstas permanecen más fijas. ¿Hay una audiencia creciente? No lo sé, pero espero que sí ... Tengo más historias en mente que recurren a este estilo.” (3)

Nonostante lo sforzo l'universalità non appare come primaria. Nell’autore primeggia la dimensione urbana, il sobborgo, la bidonville. All'inizio c'è una inquadratura lunghissima, esterno notte sulla periferia di Guatemala City. Sono delle baracche, costruite una sopra l'altra in condizioni precarie, con poche luci. La camera entra in una casa povera ma dignitosa. Ci abitano José e la madre. La loro esistenza è scarsa, essa si sveglia in piena notte per andare al mercato a vendere cose di poco valore.

Questo è lo spazio urbano di Li Cheng, scene notturne per accentuare la miseria e le fatiche di lottare per un poco di denaro.

Il legame fra madre e figlio è il più evidente, il più ardente, il più intricato, e, su questo concetto il regista ha ragione, il loro rapporto è universale.

José è un cameriere, dovrebbe essere un lavoro stancante ma tranquillo ma a Guatemala City si trasforma in una pericolosa roulette russa. Essere cameriere in un fast food guatemalteco significa gettarsi improvvisamente di fronte a una macchina in corsa ovvero corrergli di fianco per convincere il guidatore a mangiare nel ristorante.

Guadagna pochi soldi ma – mentre mangia - li consegna tutti alla madre, la quale in piedi li prende e indulgente lascia qualche moneta al figlio raccomandandogli di non spenderli in sigarette.

L'inquadratura è sintomatica del rapporto freudiano fra i due.

La madre nel seguito alimenterà il loro legame costruito su pesante senso di colpa.

José trasmigra il sentimento con la madre sulle sue pulsioni omosessuali.

È sempre affaccendato con il cellulare, alla ricerca di un Wi-Fi per essere connesso. Il telefono gli serve per trovare flirt sessuali effimeri e veloci, un atteggiamento “urbano”. José non vuole una relazione, la contrasta. Gli esseri umani non possono ostacolare il futuro. Perciò incontra Luis e, senza volerlo, si innamorano. Li Cheng agisce sui loro sentimenti contrastanti. La più evidente: la passione è sfogata in uno sporco e malinconico hotel a ore, chiassoso, rumoroso e pieno di gemiti. Il cambio di passo succede quando la cameriera nel corridoio avvisa i molti clienti che l'ora a disposizione sta finendo. José, in altri momenti, sarebbe fuggito, invece compra un'altra ora per stare con il suo uomo.

Nella stanza dell’albergo formano il loro ecosistema, fanno l'amore, parlano amabilmente. Il regista la progetta come una messinscena teatrale. Il dialogo è melodrammatico, parlano, c'è una sosta e la risposta è lenta, ferma, sospesa. Una architettura forzata ma emblematica, l'eleganza della scena è in collisione con lo squallore dell'ambiente e con il loro rapporto unicamente clandestino.

Sempre nella stanza avviene la rottura: Luis cerca di convincere José di lasciare il Guatemala, di andarsene insieme, di vivere apertamente la loro storia d'amore, lottare per un futuro. Luis è un muratore, è pronto fabbricare, metaforicamente, una casa per entrambi: “Ovunque ma non in Guatemala.”

José ha una reazione contraria, negativa, non vuole partire, in realtà non vuole lasciare la madre.

Essa è continuamente presente, capisce ed è spaventata della passione tra i due ragazzi. Li segue. La sua reazione è rivolgersi a Dio, un atto totalizzante: “Señor cuidalo.”

Gli amori non avrebbero una formazione avvincente e intensa, senza lo sfondo solido ma avvinghiante di Guatemala City. È presente in vari aspetti.

C'è quella religiosa, un cristianesimo guatemalteco molto aggressivo e dominante. Nell'autobus ci sono degli assonati pendolari e un fervente religioso predica e richiama ai doveri cristiani. Urla: “Dio ama i peccatori” ricordandogli la loro sorte.

La tendenza documentaristica. Guatemala City è vista come un palcoscenico neutrale. L'autore, quando José lavora in strada, posiziona la camera su un angolo nel tetto del palazzo di fronte. La ripresa dall’alto con camera fissa, è un campo totale, una sequenza documentaristica del veloce traffico, del chiasso delle strade. José, gli altri dipendenti del ristorante, i clienti, i passanti appaiono come delle persone prive di futuro.

Nel ristorante lavora una coppia di fidanzati. Fra essi tutto termina bruscamente. La ragazza è incinta e il fidanzato è scappato per non essere costretto a una paternità non desiderata. La fidanzata è rimasta sola e gli confessa quanto è accaduto. José la abbraccia, la ragazza si lascia andare nella sua stretta: sono due sconfitti. Li Cheng li riprende con abilità, dritto ai loro occhi; una inquadratura statica, allegorica: non c'è avvenire per i giovani a Guatemala City.

Guatemala City non è però solo disperazione e stenti. È anche un posto bellissimo, con una rigogliosa vegetazione, tanta natura e sensibilità.

Sono due gli episodi di empatia con la città. Li Cheng li realizza all'inizio della passione fra José e Luis, al massimo dell'intensità. Sono due momenti di felicità e allegria, diversi dai tristi incontri clandestini nello spaventoso hotel.

La prima è una gita in moto nella campagna, i ragazzi si scambiano effusioni e gentilezze. È una avventura di un giorno, qualche ora di gioia, di tranquillità, in un ambiente totalizzante, con una musica soft.

Poi c'è la Guatemala City colorata, vivace. Essi assistono ai fuochi d'artificio sfavillanti e a una processione cristiana con tanti devoti e contriti uomini affannati a portare sulle spalle una affascinante statua della Madonna.

La visione freudiana di Li Cheng è la caratterizzazione di José in un Edipo. Non ha ucciso il padre ma ha avuto il potere di farlo svanire. Infatti il genitore è disperso, non pervenuto, ma José e la madre non ne hanno bisogno, insieme sono già una coppia completa. Anche Luis è escluso, José ha la tentazione sentimentale di sceglierlo, ma la maturità non gli appartiene.

Non lascia la madre ed essa è esultante, è la preferita perfino rispetto a un bellissimo uomo.

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Come potrebbe José costruire una propria personalità? Se lo chiede pure il regista: forse il terremoto? In un paese sfortunato perfino il terremoto è implacabile, colpisce il povero barrio, la misera abitazione. Ma il sisma è volontà superiore. Il terremoto è uguale ai giovani disgraziati rapinatori, i quali assalgono la madre di sera mentre torna a casa con il misero incasso di una giornata di duro lavoro; anch'essi sono vittime di un mondo incomprensibile.

Per ritrovare una speranza José deve tornare alle origini, alla nascita del Guatemala, alla cultura Maya. Visita le loro piramidi nella campagna guatemalteca, le contempla, le guarda e per tornare a casa trova un passaggio in moto. Forse José è pronto per un altro viaggio.

Il regista è attento alle inquadrature, alle scene private, a quelle totali; preferisce le riprese e gli zoom da dietro. Racconta una avventura accompagnandola con principi crudi come l'omofobia. Le madri, le famiglie conservatrici nascondono l'omosessualità dei figli o addirittura la contrastano, come Luis racconta a José. È una scena forte e teatrale nella quale confessa di essere stato picchiato dai fratelli perché lo avevano scoperto con un uomo.

In queste descrizioni Li Cheng è bravo, attento, capace, riesce a comprendere i personaggi e l'incombente ossessione di Guatemala City. La tesi è dogmatica, psicologica nei rapporti materni. La struttura ha delle omissioni, un montaggio con dei vuoti mentre si comprende maggiormente il linguaggio.

Speriamo nel successo del film, con una distribuzione internazionale e incassi elevati. Non è possibile essere insensibili all'estremo innamoramento per il cinema di Li Cheng:

“Después de preparar la investigación y la historia, sentí que teníamos una propuesta sólida, así que vendí mi apartamento en EE.UU. a fin de tener el dinero.” (3)

Ha venduto l'appartamento negli Stati Uniti per pagare la produzione del film. Dobbiamo pregare per il suo successo, non vogliamo in un nuovo senza tetto. In bocca al lupo.

(1) https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/gt.html

(2) https://www.osac.gov/Pages/ContentReportDetails.aspx?cid=24030

(3) https://cinefi.lamula.pe/2018/08/30/jose-una-sencilla-historia-de-amor-en-el-75o-festival-de-cine-de-venecia/ernesto.arias/

Roberto Matteucci

https://www.facebook.com/roberto.matteucci.7

http://linkedin.com/in/roberto-matteucci-250a1560

“There’d he even less chance in a next life,” she smiled.
“In the old days, people woke up at dawn to cook food to give to monks. That’s why they had good meals to eat. But people these days just buy ready-to-eat food in plastic bags for the monks. As the result, we may have to eat meals from plastic bags for the next several lives.”

Letter from a Blind Old Man, Prabhassorn Sevikul (Nilubol Publishing House, 2009)

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