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This is Congo Regista: Daniel McCabe

This is Congo

Regista: Daniel McCabe

Anno: 2017

Provenienza: USA, Congo

Autore Recensione: Roberto Matteucci

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Sembra che Dio ci abbia dimenticato.”

Il Congo ha una popolazione giovane, il 63,2% ha tra lo zero e 24 anni. (1)

Dovrebbe essere una positività, dalla quale dovrebbe derivare la ricchezza di una nazione; un bene – anche per politiche demografiche nefaste – molti stati hanno perso da anni. I metodi immigratori senza controllo servono a compensare questo vuoto.

Il Congo, nonostante questa vitalità giovanile, ha una struttura economica disastrosa. Possiede vaste e fiorenti risorse naturali ma il prodotto interno lordo per capita annuo è di 800 dollari americani (stima del 2017), alla 227ma posizione nel mondo. (2)

Il paese è violentato da una meticolosa corruzione, da una precarietà politica e da conflitti sanguinosi e inutili.

Come molte nazioni africane, il partner commerciale principale è la Cina. La potenza cinese ha agganciato numerosi paesi, controllandoli strettamente con una esposizione di basso profilo. Perciò, il 35,3% delle materie prime, come diamanti, rame, oro, cobalto, legno, petrolio, caffè è destinato alla Cina. Il corrispettivo è pagato vendendo prodotti alimentari, macchinari, mezzi di trasporto, carburanti, e rappresentano il 20,2% dell'import. (3)

Il Congo fu dal 1908 una colonia belga, alle dirette proprietà del re Baldovino.

L'indipendenza avvenne nel 1960 e sebbene siano passati sessant'anni, l’organizzazione e maturità politica hanno avuto addirittura avuto una decadenza.

Nel 1965 il colonnello Joseph Mobutu si autoproclama presidente. Rimane in carica con sistemi violenti per trentadue anni.

Seguiranno la caduta di Mobutu, le interferenze dei confinati Ruanda e Uganda, l'assassinio del presidente Laurent-Désiré Kabila, le infruttuose conferenze di pace e le successive insurrezioni civili nel Congo orientale del gruppo armato M23, appoggiato dai due avversari di sempre: il Ruanda e l'Uganda.

Ma le disgrazie non hanno fine. Il presidente Joseph Kabila continua a voler detenere il potere, benché il suo mandato sia scaduto nel 2016, disinteressandosi d'indebolire il paese. Nuove elezioni presidenziali sono previste nel 2018 ma nulla è sicuro. Manifestazioni continuano a Kinshasa con repressioni brutali.

La breve e limitata presentazione ci spiega la Repubblica Democratica del Congo, con la sua estrema differenza: un paradiso di bellezza e ricchezza naturale in opposizione a un inferno di mala politica e di oltraggiosi interventi esterni.

Crescere in Congo per la volontà di Dio significa crescere in paradiso” lo dice un personaggio del bellissimo documentario This is Congo del regista Daniel McCabe, presentato alla 74° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Il regista parla di una dualità:

Congo is this incredibly special place, full of contrasts: Beauty and horror, hope and despair. The more I started to learn about it, the more I realized how unique Congo was in both its problems and its qualities.” (4)

Daniel McCabe inizia il film mostrando la suggestiva campagna congolese, una donna canta, dei soldati marciano nei campi. Unendo i vari elementi si scopre una guerra tremenda. Dei profughi ripiegano in luoghi riparati, scappano sulla strada, con la famiglia e gli scarsi oggetti trasportabili, maialini, acqua, biciclette. Sono spaventati ma anche colorati. Mentre camminano su un lato della carreggiata, l'altro è occupato da una colonna di militari, un carro armato spara. Vicino ai fuggitivi comincia una battaglia fregandosene dei civili.

È un conflitto fratricida, l’esercito regolare sta combattendo i ribelli dell'M23. L'immagine è categorica: la strada divide in due l'inquadratura, in fondo la camera è in mezzo e costringe a una biforcazione: da una parte i civili, i militari dall'altra. Intorno il paesaggio verde dell'Africa.

Il film si delinea in diversi filoni, sia politici, sia sociali.

C'è il colonnello Mamadou è un ufficiale leale al governo. Con impegno e coraggio guida le sue truppe nella difesa del territorio. Appare come un uomo onesto, audace, leale. Richiama i codardi mentre si nascondono durante lo scontro, e corre in prima fila a guidare l’attacco, è un patriota

C'è il sarto Hakiza Nyantaba, un profugo. A 58 anni è scappato con la famiglia. Sulle spalle la sua macchina per cucire, è lo strumento per sfamare la moglie e i figli. Il campo dove vivono è sporco, sudicio, pieno di malattie, in migliaia alloggiano in condizioni terribili.

C'è un altro colonnello con il nome finto di Kasongo. Descrive la sua scomoda situazione fra gli ambienti governativi e quello dei ribelli. È perennemente incerto quale fazione scegliere e come comportarsi.

C'è donna Mama Romance, traffica minerali. Con furbizia e abilità riesce a muoversi con dimestichezza, grazie alla sua forte volontà di sopravvivere alle brutture di entrambe i contendenti.

C'è poi Goma. Dalla campagna il film si trasferisce nella città di Goma. Si trova a pochi chilometri dal confine del Ruanda. È un’ubicazione infelice, costretta a subire, prima i danni della guerra civile in Ruanda e poi gli scontri con i due paesi confinanti.

Goma è come viva, come un profugo subisce le ripercussioni delle ostilità.

Ha subito gli esuli dal Ruanda, la guerra, gli insorti ma, come nel Barone dimezzato di Italo Calvino, ha perfino sofferto le ferite dei buoni.

L'ONU, la Croce Rossa sono presenti in Congo. Sono asserragliati nelle loro roccaforti, difese da robusti cancelli e da poderose mura. Assistiamo a una contestazione rabbiosa degli abitanti di Goma contro le Nazioni Unite, urlano che possano tornarsene a casa giacché sono inefficaci. Hanno ragione, quando i ribelli attaccano la città, i caschi blu corrono ad asserragliarsi anziché proteggere la popolazione civile.

L’autore conferma la realtà di tutte le scene viste: 

Nel film tutto quello che vedete è reale, nessuna scena è stata costruita”. (5)

Sicuramente è vero, ma il regista ha una visione profonda per individuare le contraddizioni e le complicazioni del paese.

L'abilità dell'artista è nel non accettare passivamente la raccolta d'interviste, ma usa una ricercatezza del linguaggio cinematografico:

From a cinematographic standpoint, I wanted to disarm and immerse the viewer with this kind of meditation where [they[ can stop thinking about the traditional, “shaky” doc with just talking heads… I wanted to blur the lines of [whether] this is real or not (by combining the traditional documentary style with cinematography that a traditional fiction film would have) because those are the type of films that draw me in as well.” (6)

La sua rappresentazione della guerra avviene con il rumore. Il suono si tramuta in quiete. Quando le bombe cadono assordanti vicino ai profughi in fuga, il boato si trasforma in silenzio, in paura. Il terrore non è più nel fragore degli spari ma nelle facce delle persone.

Il Congo è tragedia ma il regista lo narra con un montaggio di belle e vivaci immagini. Ci sono scenari vulcanici, la sensazione di percepire perfino l'odore dei campi profughi e della povertà. È ancora più cinico quando mostra i soldati lealisti addestrarsi. Sono concentrati in una esercitazione, ma sembrano giocare. Per simulare la fucilata schioccano bum con la bocca perché non hanno munizioni.

Gli stessi militari di fronte alla camera assomigliano a degli scafati attori, ripresi in primo piano, intervistati, guardano l'obiettivo con disinvoltura come fa pure colonnello Mamadou.

Al contrario i ribelli si comportano come mestieranti, fan del politicamente corretto, usano incessantemente parole altisonanti come libertà e pace, che nelle loro bocche appaiono ipocrite.

Il film termina con una speranza, un piccolo auspicio, una luce per il futuro: il sarto Hakiza Nyantaba ricarica la sua macchina per cucire sulle spalle e torna a casa. C'è una tregua, uno spiraglio di armistizio e tutti vi si infilano, perché la vita deve continuare.

(1) https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/cg.html

(2) https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/cg.html

(3) https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/cg.html

(4) http://time.com/5021206/this-is-congo-director-daniel-mccabe-interview/

(5) https://www.indie-eye.it/cinema/festivalcinema/this-is-congo-di-daniel-mccabe-la-conferenza-stampa-a-venezia-74.html

(6) https://www.cinemaescapist.com/2017/11/interview-daniel-mccabe-director-this-is-congo/