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The Duke Regista: Roger Michell

The Duke 

Regista: Roger Michell

Cast: Helen Mirren, Jim Broadbent, Matthew Goode, Anna Maxwell Martin, Fionn Whitehead, Sian Clifford, Charlotte Spencer, Aimée Kelly, John Heffernan, James Wilby, Charles Edwards, Richard McCabe, Joshua McGuire, Andrew Havill, Sam Swainsbury, Dorian Lough, Alfredo Tavares, Jack Bandeira, Heather Craney, Michael Mather, Simon Hubbard, Michael Adams, Sarah Annett

Provenienza: UK

Anno 2020

Autore recensione: Roberto Matteucci

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Un ritratto fatto da un ubriacone spagnolo.”

Francisco José de Goya y Lucientes, più semplicemente Francisco Goya, fu un artista profondamente inserito nella sua epoca.

Tutta la nobiltà spagnola lo corteggiava perché dipingesse un loro ritratto. Riuscì a entrare nella corte di re Carlo IV. Comprese le contraddizioni di quell'ambiente manifestando un evidente disappunto. La stessa reazione negativa l'ebbe quando Napoleone invase la Spagna.

Nel 1808, il generale Arthur Wellesley, fu inviato dall'Inghilterra in aiuto del Portogallo impegnato a contrastare l'invasione di Napoleone Bonaparte della penisola iberica. Fu una campagna lunga e, sebbene comandasse un esiguo esercito, il generale raggiunse importanti vittorie e la liberazione di Madrid, nella quale entrò nel 1812. Alla fine del conflitto, il generale fu nominato Duca di Wellington. Con questo titolo, comandò una armata composta da paesi europei e a Waterloo sconfisse Napoleone.

Nel periodo della guerra contro i francesi, Goya, già famoso, eseguì tre ritratti di Wellington.

Nel più conosciuto, su sfondo totalmente nero, il Duca è in tre quarti con gli occhi neri fissi sugli astanti. Il viso è allungato, attento, corrucciato, concentrato, deciso, con una bocca piccola, delle imponenti sopracciglia, i capelli scuri confusi nello scenario. È in salute con delle belle guance rosse, pendant con la prestigiosa divisa rossa piena di medaglie. Il busto è massiccio, in contrasto con una testa più piccola, ma il petto deve essere grandioso per contenere le innumerevole onorificenze e soddisfare la superbia dell'aristocratico. Sono questi nobili riconoscimenti a raffigurare il Duca come un uomo autorevole, austero, storico la cui fama proseguirà nel tempo. 

Più di un secolo dopo, il ritratto del Duca finì nelle mani di un personaggio con caratteristiche umane opposte ma sicuramente molto vere. È il 1961, Il Ritratto del Duca di Wellington di Goya, divenne popolare e attrasse la curiosità di una persona modesta, umile, completamente discorde dal vanaglorioso Duca.

In quell'anno, il dipinto fu acquistato ed esposto dalla National Gallery di Londra. Qualche giorno dopo la sua esposizione, il quadro fu rubato da Kempton Bunton, un anziano di Newcastle, il quale campava di lavoretti ma era intimamente visionario e ribelle.

Goya sarebbe stato felice. Un proletario, un poco strambo, un poco sognatore, per anni avrebbe tenuto in scacco Scotland Yard. I poliziotti fecero la figura dei fessi. Le indagini furono febbrili ma non recuperarono il quadro. Ricomparirà nel 1965. Per quattro anni fu nascosto banalmente in casa di Kempton, un pensionato.

La storia del furto è un soggetto affascinante per l'abilità di un esperto regista, provocatorio e ironico come Roger Michell. The Duke è stato presentato alla 77° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

La trama appartiene alla storia della National Gallery e alle cronache del tempo. 

Newcastle 1961. In una villetta di mattoni di una classica periferia inglese vive Kempton Bunton, con la moglie Dorothy e il figlio Jackie. Kempton è un idealista allergico al posto fisso. Non riesce a mantenere un mestiere decente. Scrive perfino delle strane e illeggibili pièce teatrali. La famiglia sopravvive grazie all'occupazione di Dorothy, domestica in una casa di una padrona snob. Kempton inizia una delle sue folli sfide idealiste alquanto bizzarre, forse popolari, con scarso appeal civico. Chiede l'esonero del pagamento del canone della televisione per i pensionati. Un atto politico senza seguito e la battaglia di Kempton fallisce miseramente. Nei stessi giorni, i telegiornali parlano diffusamente dell'arrivo del ritratto del Duca di Wellington, alla National Gallery. Perciò Kempton decide di compiere un gesto eclatante, spavaldo: avrebbe rubato la tela. Per il riscatto avrebbe richiesto l'esenzione della tassa.

Roger Michell personifica Kempton Bunton con un senso di giustizia di un cavaliere medievale, come un Don Chisciotte, come un Robin Hood, un David. Il regista lo inquadra in un contesto sociale più moderno. Ci aggiunge una sfumatura da socialista, da utopista, da uomo semplice senza paura di schierarsi di fronte a un carro armato come lo sconosciuto cinese di piazza Tienanmen. Kempton si scaglia contro i mulini a vento, contro lo Sceriffo di Nottingham, contro Golia. Vuole avere la sua giustizia, non una giustizia universale, ma la propria giustizia, un simbolo d'innumerevoli sofferenze: l'abolizione del canone della TV: 

In a way, it’s a Robin Hood story. Robin Hood is referenced in several ways. He isn’t Robin Hood, but what’s great about it is that, as in many pieces of English fiction, it’s a story about a small man, a working-class man from the north of England, disenfranchised, jobless. At Ealing Studios in the 60s, it continues to be part of English culture, this celebration of eccentric individuals. His is a revolutionary act.” (1)

La vita sociale degli anni sessanta in Inghilterra è l'habitat ironico della storia. Il contesto è una classe operaia continuamente sfruttata, la quale comincia ad acquisire consapevolezza politica, le cui proteste si scontrano contro una opposizione fortissima. I proletari sono accentrati in sobborghi, affrontano problemi, drammi umani e familiari. Le difficoltà sono tante: la povertà, lavori incerti, mal pagati, orari lunghi, molta fatica. La disoccupazione è diffusa, soprattutto quella giovanile. Kempton non ha un lavoro, sia per incapacità personale, sia per il suo intenso sentimento di rettitudine. Dorothy deve provvedere alle esigenze economiche della famiglia, è cameriera da una borghese altezzosa. Il figlio è uno sfaccendato, non ha studiato, non ha un'idea per il futuro: 

I was inspired, in terms of imagery, by other British films made in 1961. A whole generation of new directors working in black and white in the north of England, talking for the first time about the working class in the north. Unemployment, industrial waste.” (2)

È il realismo del film: la descrizione di protagonisti ricchi di sensibilità rappresentano sia il passato, da Goya al Duca di Wellington, sia il presente. Gli attori hanno chiaramente gratificato questi requisiti.

The Duke è una storia reale e ricca di riferimenti al nostro passato e al nostro presente. A completare il quadro ci sono personaggi brillanti interpretati da attori di livello che hanno saputo cogliere con maestria e riproporre al pubblico ogni loro sfaccettatura.” (3)

Kempton Bunton è esagerato, sopra le righe, qualità necessarie per essere un idealista. Per il regista è un chiacchierone eccentrico, logorroico, bugiardo, con una effervescente fantasia con mastodontiche fandonie. Mentitore incallito, si concentra solo nelle sue immaginazioni ma costretto a confrontarsi con una moglie pratica. Dorothy lavoratrice indefessa, deve sostenere la famiglia. Ama il marito e gli acconsente pianificare le sue allucinazioni. Sono una famiglia felice. Ma saranno costretti ad affrontare il dolore del lutto della morte della figlia. Questa morte prematura alleggia nella casa specialmente nel carattere di Dorothy. Ma, nonostante tutto, sono una bella coppia.

Per il regista il loro rapporto è equilibrato, per assegnargli un tono realista. Nella vita di tutti i giorni non esistono eroi o i dannati:

“His character wants to be a great playwright, like Cechov, and he’s fairly rough in many ways: we never see him doing the washing up or helping the wife with any work; he’s happy for her to win the bread for the household; he gets sacked all the time. He’s really irresponsible in terms of family life. But he has this caring side, he’s very kind and wants to help the community. There’s a balance between positive and negative sides. This helps the public understand he is a real person, not just an idealised version.” (4)

I personaggi sono alquanto inglesi. Kempton e Dorothy interpretano il motto usato a Londra durante bombardamenti tedeschi: Keep calm and carry on. Essi hanno uno stile, nonostante la rapina, nonostante la loro ricerca, nonostante il carcere, nonostante il processo, mantengono calma e continuano la propria vita. Accade in tribunale: Kempton Bunton è divertente, coinvolge simpaticamente il pubblico e la giuria con la sua bizzarra empatia.

La sua retorica nel parlare è dovuta a una notevole autostima, all'orgoglio di non cedere mai e al suo ottimismo infrangibile nonostante le avversità.

L'autore utilizza alcuni particolari per evidenziare il passaggio stilistico: il two-shot in campo medio nel dialogo fra Dorothy e Kempton per andare a Londra. Ovvero la convinzione del ridicolo capo della polizia pronto ad accusare immaginarie bande di professionisti, probabilmente italiani. Ovvero tutta la sequenza del tribunale come il dolce sorriso della donna all'imputato.

C'è un dettaglio nel montaggio, un wit: una inquadratura de L'Urlo di Munch. Due versioni de L'Urlo sono state rubate da due musei diversi di Oslo. Entrambi i furti ebbero una situazione paragonabile a quello del Goya, con una temporale differenza: il furto dei quadri di Munch è avvenuto circa trent'anni dopo a quello di Londra. La parte in comune è essere stati ritrovati, senza individuare i colpevoli. Anche in questi due sottrazioni c'erano delle motivazioni intimistiche, sociali, politiche, culturali? Il regista lancia l'involontario sospetto con questo breve montaggio:

Why did you show Munch’s The Scream behind the Goya? That painting was stolen on several different occasions. Was it a reference or a funny moment? Yes, it’s intended to be a funny moment. (5)

Il film ha una atmosfera sociale, onirica, etica. Per un ladro sognatore il male non è rubare un quadro, casomai la cornice. Quindi The Duke ha un formalismo logico. Il ritmo è sostenuto con alcuni cali nel finale.

Roger Michell cita delle pellicole degli sessanta:

The Duke è un’estensione delle Ealing Comedies britanniche che parlano di classi sociali, capitalismo e dei risvolti dell’innovazione tecnologica sul mondo del lavoro.” (6)

e rappresenta il colore simile ai film dell'epoca, con le scene di sera con luce fioca e bassa. 

La sceneggiatura è brillante, con dialoghi serrati e per bravura dei due attori Helen Mirren e Jim Broadbent. Il giudizio dell'autore:

È tutto dipeso dal fatto che i dialoghi erano scritti davvero bene.” (7)

Il risultato è un piacere d'ironia, di battute sarcastiche, con una regia chiara e pulita.





  1. https://www.theupcoming.co.uk/2020/09/04/roger-michell-and-jim-broadbent-present-the-duke-at-venice-film-festival-press-conference/

  2. https://www.theupcoming.co.uk/2020/09/04/roger-michell-and-jim-broadbent-present-the-duke-at-venice-film-festival-press-conference/

  3. https://www.madmass.it/the-duke-roger-michell-intervista-venezia-77/

  4. https://www.theupcoming.co.uk/2020/09/04/roger-michell-and-jim-broadbent-present-the-duke-at-venice-film-festival-press-conference/

  5. https://www.theupcoming.co.uk/2020/09/04/roger-michell-and-jim-broadbent-present-the-duke-at-venice-film-festival-press-conference/

  6. https://www.madmass.it/the-duke-roger-michell-intervista-venezia-77/

  7. https://www.cinematographe.it/rubriche-cinema/interviste/roger-michell-the-duke-intervista-jim-broadbent-e-helen-mirren-perfetti/