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Silence Regista: Martin Scorsese Cast: Andrew Garfield, Adam Driver, Liam Neeson, Shin'ya Tsukamoto

Silence

Regista: Martin Scorsese

Cast: Andrew Garfield, Adam Driver, Liam Neeson, Shin'ya Tsukamoto, Yôsuke Kubozuka, Issei Ogata, Tadanobu Asano

Anno: 2016

Provenienza: USA, Taiwan, Messico

Autore Recensione: Roberto Matteucci

“Sono solo uno straniero che ha portato il disastro.”

Nello stesso periodo in cui i gesuiti sbarcavano in America, accompagnati da spagnoli e portoghesi, molti loro colleghi viaggiavano dalla parte opposta, verso paesi conosciuti, ma rigidamente chiusi. Le destinazioni erano Cina e Giappone, società e culture molto cresciute.

Ignacio di Loyola fondò la Compagnia di Gesù nel 1534 con Francisco Xavier noto come Francesco Saverio: “Francesco Saverio sbarcò a Kagoshima … e cominciò a predicare.” (1)

I giapponesi accolsero Francesco con la solita curiosità, anche per le similitudini con la scuola della terra pura, fra le meditazioni e gli esercizi spirituali di Ignacio di Loyola.

Altro elemento del successo era l’aspetto economico nei contatti con l’Europa.

“Le conversioni riguardavano una vasta massa di gente. Da una stima del gesuita Valignano, nel 1582 c’erano in Giappone circa duecento chiese e centocinquantamila adepti.” (2)

Grazie all’esperienza in paesi lontani i gesuiti stabilirono una metodologia di approccio per non essere rifiutati da tradizioni differenti: l’inculturazione. Si cercavano le affinità, i pertugi, in millenarie culture, sulle quali fosse possibile inserire il seme del cattolicesimo. Il frutto nasceva ma su uno sfondo di vegetazione completamente diverso.

Se il maceratese Matteo Ricci arrivò nel 1577 in Cina e riuscì ad avere una discreta accettazione, lo stesso accade in un primo momento in Giappone.

“Lo shintoismo riuscì a inglobare nella sua struttura, libera ed indefinita, elementi di altre religioni: niente vietata di concepire lo stesso Buddha come un kami. L’atteggiamento contribuirà alla diffusione del buddhismo in Giappone. Solo per il cristianesimo vigeva un discorso diverso: i missionari del kami d’Occidente richiedevano una dedizione totale, esclusiva, mostrandosi intolleranti verso gli altri kami: ciò era inammissibile!” (3)

“Il cristianesimo esordi in Giappone sotto i migliori auspici. … Poi, però, il quadro cambiò. Una volta profilatosi il contrasto tra cristianesimo e buddhismo, Oda Nobunaga, il potente daimyo da cui parti l’opera di unificazione del Paese, si servi’ dei cristiani per combattere i suoi nemici acerrimi, i buddhisti. … Il suo successore, Toyotomi Hideyoshi, fu meno tollerante, anche perché i cristiani si erano procurati un largo seguito in varie città, prima fra tutte Nagasaki. ... cominciò a perseguitare i cristiani, temendo che potessero appoggiare le grandi potenze europee ai danni del suo governo. …

Sotto i Tokugawa tutti gli stranieri furono banditi dal Giappone in nome di una politica isolazionista e protezionista, ma anche per le loro commistioni con il cristianesimo.” (4)

“Finché il cristianesimo non entrò in conflitto con lo Stato, i giapponesi potevano sopportarne assurdità e contraddizioni; poi, però, si dovette prendere atto di un contrasto insanabile, e agire di conseguenza. L’isolazionismo fu la conseguenza dei dibattiti teologici e delle preoccupazioni governative che alimentarono.” (5)

Nel 1587 cominciarono le persecuzioni contro i cristiani. Diventarono crudeli e diffusi dal 1614, per raggiungere il culmine nel 1617, quando furono colpiti non solo i convertiti giapponesi ma gli stessi missionari.

Il risultato fu devastante; nel 1660 i cattolici rimasero pochi, nascosti, isolati dalla Chiesa, e senza sacerdoti.

La storia del film Silence di Martin Scorsese parte da questo momento.

I fasti del cattolicesimo sono finiti, i battezzati sono impauriti ma mantengono una fede da martiri. I missionari sono spariti, tornati a casa oppure uccisi.

Un gesuita, famoso in Giappone per rettitudine cristiana, scelse una direzione diversa, era Padre Cristóvão Ferreira, il quale accettò di convertirsi al buddhismo.

La voce arrivò in occidente, lasciando Increduli due suoi allievi gesuiti. Desiderosi di dimostrare il contrario decidono di partire per il Giappone alla sua ricerca. Sono Padre Sebastião Rodrigues e Padre Francisco Garupe interpretati rispettivamente da Andrew Garfield e Adam Driver.

La scena iniziale è ambientata nel 1633. In un’atmosfera pregnante di nebbia, colori tristi, su una montagna dei samurai stanno trasferendo dei prigionieri. Sono dei cristiani, con essi c’è un prete, si sta contorcendo dal dolore, è annichilito dai tormenti osservati, la colpa di quegli uomini è unicamente di non aver calpestare o ripudiato Dio.

Il prete è Padre Ferreira, il quale vive da anni in Giappone. Con il suo lavoro e la sua dedizione, nel tempo, ha contribuito a convertire migliaia di persone. Il momento della prima scena è quello del distacco, il momento in cui preferisce allontanarsi da una vita dedicata alla dottrina, barattandola con la vita di sofferenti cristiani. Senza pietà sono torturati nelle sorgenti di acqua calda, è una scena di grande afflizione e angoscia.

Dal campo lungo di questa infernale scena si stacca su Macao, colonia portoghese in Cina, e sui due gesuiti a colloquio con il loro superiore, stanno costituendo “un esercito di due persone.” I due preti partono per Nagasaki, ad aiutarli hanno trovato Kichijiro. Un giapponese, dal passato confuso, scappato a Macao.

Il regista delinea Kichijiro all’inizio in maniera duale e controversa. È sporco, ubriaco, si trascina in un vicolo lurido e vomita senza ritegno. È una persona disgustosa, poco affidabile, ma credere è questo, bisogna servirsi dei peccatori, perfino dei più ripugnanti: “Gesù si fidò di gente peggiore”

Il richiamo a confrontarsi con Gesù è uno degli aspetti costanti di Silence.

Scorsese si serve di Dio addirittura come soggettiva. Il viaggio in barca per il Giappone è ripreso dall’alto come se fosse Dio stesso a spingerla.

Sbarcati in Giappone vicino a Nagasaki, i due gesuiti furono impressionati dagli avvenimenti. Nonostante gli stermini, la cacciata di tutti i missionari, tantissimi cattolici giapponesi continuavano a vivere nella clandestinità. Non avevano sacerdoti eppure mantenevano fede e riti. Perciò l’arrivo dei preti fu accolto sia con gioia, sia con tanta paura. La loro comparsa avviene nel mistero, altresì scenico, con tanta nebbia e tanta foschia e con le torce come esclusiva fonte di luce.

“Come fate a vivere da cristiani quando il pericolo è cosi grande?” i gesuiti hanno tanti dubbi sugli sprovveduti contadini. La domanda è: com’è possibile, essere cattolici negli anni, senza l’assistenza della Chiesa e dei sacerdoti?

Ma i contadini sono certi della loro devozione: “anche se non abbiamo un prete”.

Abbiamo trovato dei fedeli che piacerebbero tanto al nostro Papa Francesco, la teologia lasciava a desiderare, il catechismo era approssimativo ma sicuramente la loro lealtà era certa. È lo stesso pensiero di Scorsese quando ci mostra dolore e religiosità nei primi piani dei contadini.

Il regista racconta, metaforicamente, una cronistoria delle tribolazioni dei cattolici nel tempo.

I cattolici giapponesi avevano una formazione recente e vivevano nascosti. Una situazione simile a quella del nascente cristianesimo e le ostilità durante la Roma imperiale.

Similmente i gesuiti all’arrivo in Giappone erano rinchiusi in una piccola capanna e vedevano il mondo circostante da piccole fessure, delimitati da nebbia e foschia. E quando si campa in quelle condizioni, prevale la paura, il timore di essere scoperti in qualsiasi momento.

Nella prima parte c’è un profondo rapporto fra i gesuiti - uomini di profonda preparazione culturale e di indubitabili convinzioni teologiche - con degli ignoranti contadini, convinti di agire nella Chiesa cattolica sebbene non sappiano nulla di teologia: “Cristo non è morto per i buoni e per i belli”. Sebastião ha un sospetto che i contadini ricercano solo una simbologia cattolica non tanto una conoscenza della dottrina. Non c’è nessuna ambiguità perché l’attaccamento a tale iconografia richiama una profonda spiritualità portatrice, se scoperti, di persecuzione e morte.

Ma gli stermini persistono. Fu deciso un ulteriore accanimento contro le popolazioni povere e contadine.

Perché nel territorio di Nagasaki furono i più umili ad avvicinarsi al cattolicesimo pure per un utilizzo politico contro di daimyō e la politica feudale, piena di tasse e di sopraffazione: “No tasse, no duro lavoro”. E i contadini cattolici non furono sempre così arrendevoli come i personaggi della pellicola di Scorsese.

Altri hanno combattuto violentemente per difendersi, come avvenne nelle vicinanze del luogo di sbarco dei gesuiti di Silence.

Siamo nell’1 gennaio 1638 nel castello di Hara, a seguito di una rabbiosa ribellione, i cattolici si sono asserragliati con un esercito composto prevalentemente d’ingenui contadini cristiani, samurai e ronin. Contro il castello fu inviato un esercito ben addestrato di cinquantamila armati. I continui assalti furono respinti valorosamente creando scompiglio fra i soldati e i comandanti, increduli di come potevano resistere un gruppo di straccioni. Fu necessario l’intervento di altre truppe, l’appoggio degli olandesi con i terribili cannoni, e un assedio per circa quattro mesi per superare le resistenze.

Quando cadde il muro esterno, nonostante non avessero più cibo, resistettero altri due giorni in condizioni pietose, grazie, come nei Sette samurai, a dei ronin i quali avevano deciso di combattere una guerra non loro. (6) (7) (8)

I due gesuiti decidono di dividersi. Entrambi, pur separati, si troveranno ad affrontare una terribile violenza.

Sono testimoni delle torture sui contadini disposti a tutto per non ripudiare il proprio credo. La dedizione totale suscita nei gesuiti un crescente rispetto. Non capiscono la loro resistenza di fronte alla morte e alle sevizie. Sono esterrefatti da un vuoto. Come Elie Wiesel nel Il processo di Shamgorod, si domandano perché nei momenti tragici Dio sta in silenzio: “Come faccio a spiegare il suo silenzio.”

I due sacerdoti si trovano nella fase calante della loro dottrina. Non riconoscono la colpa degli uomini. Il nazismo non fu un prodotto divino ma della nostra cattiveria decisa volontariamente nel nostro libero arbitrio. E lo stesso caso dei samurai del daimyō.

In una drammatica scena Padre Francisco Garupe preferisce farsi uccidere e far uccidere altri seguaci pur di non ripudiare il cattolicesimo, mentre Padre Sebastião Rodrigues osserva obbligato e impotente il supplizio.

Nella seconda parte Scorsese tratta i tormenti di Sebastião. Rimasto solo, è chiamato in prima persona a comprendere le pene dei cristiani.

E nasce un dibattito in Scorsese, Sebastião è forse diventato Gesù? Si specchia nell’acqua, prima intravede il suo volto e poi l’immagine si trasforma in Gesù. È orgoglio, vanità o sta diventando pazzo? Forse Sebastião nella sua solitudine, senza il conforto della Chiesa, rimane sperduto. Quando è arrestato, inizia una battaglia personale. L’abbandono è rappresentato dal silenzio di Dio, Sebastião diviene Gesù sia nello specchio d’acqua sia come orgoglioso martire nel personale tragitto verso il Gòlgota.: “Cosa ho fatto per cristo.”

Per avvicinare le similitudini, Sebastião avrà il suo Giuda. Kichijiro per “trenta denari” tradirà l’amico gesuita e lo consegnerà all’inquisitore.

Inizia il grande confronto fra Sebastião e i giapponesi.

Perché il daimyō opprimeva i cattolici?

Scorsese risponde descrivendo l’inquisitore senza pietà. Lo deride, lo insulta, rappresentandolo con uno sguardo sciocco, con difficoltà respiratorie, con smorfie e versi strani, impiastrato dal sudore e dal caldo. Nel campo e controcampo con il gesuita, l’inquisitore è ripreso dal basso, come un deficiente.

L’alter ego dell’inquisitore è il suo samurai: “Noi non vi odiamo”. Esso affronta Sebastião in modo colto, cordiale; parlano di buddhismo, di cristianesimo, delle culture, di mondi lontani, del futuro del cristianesimo in Giappone. Mentre parla con il samurai, Sebastião riceve un raggio di sole sul viso. Le nebbie e le foschie iniziali sono sparite. È un segno divino o la volontà del regista?

I samurai sanno come affrontare un uomo isolato come Sebastião, orgoglioso, certo della propria religiosità, tronfio tanto da ritenersi in certi momenti Gesù. Utilizzano lusinghe, buone maniere: “Mettete alla prova la mia fede.”

Sanno che l’uomo non potrà portare il carico di tutta l’umanità, sacrificandola per il proprio orgoglio. Lo stesso è accaduto a Padre Ferreira. Anch’esso era uomo di provata rettitudine cristiana, ma di fronte alla solitudine e in un mondo lontano è crollato, le sofferenze di tante persone dipendevano dalla propria scelta, un fardello impossibile.

L’inquisitore lascia per ultimo il tentativo di specchiare la volontà Sebastião con quella di un suo simile. Gli concedono la possibilità di incontrare, di parlare con Padre Ferreira. Sebastião non ha mai creduto nell’abiura del maestro, per questa ragione era partito per il Giappone. Innanzitutto dubita che il fervore missionario di un gesuita possa essere rinegato, fino ad abbracciare delle religioni considerate pagane.

L’incontro fra i due è il momento della determinazione, di non essere unici nel mondo. Ferreira è tuttora se stesso, anche se ora vive in un tempio buddhista: “Ti sembro davvero cosi diverso?”

Nel giardino zen del tempio, lo scontro e l’incontro fra i due, apre in Sebastião una crepa. Il silenzio di Dio l’ha affrontato da solo, e perciò è una pietra insuperabile. Dopo il colloquio con il maestro si sente rinfrancato, ha trovato un simile, qualcuno come lui, e come lui si deve comportare. Allora accetterà di rinnegare come San Pietro.

Sebastião ha perso la superbia ma tanti veri cristiani sono stati salvati, evitandogli una morta lente e dolorosa: “Non hanno la tua superbia.”

E in un silenzio totale, come quello di Dio, Sebastião abiura pubblicamente.

La pace di Sebastião dura per parecchi anni, prima insieme a Ferreira, poi da solo, insieme con la moglie e Kichijiro.

Martin Scorsese è di origine italiana ed è cresciuto come cattolico ma ha avuto tante scapatele, sempre perdonate:

“La mia strada è stata, ed è, il cattolicesimo. Dopo molti anni in cui ho pensato ad altre cose, ho assaggiato questo e quello, mi trovo meglio da cattolico. Credo nei princìpi del cattolicesimo. Non sono un dottore della Chiesa, non sono un teologo in grado di ragionare sulla Trinità. E certamente non m’interessano le politiche dell’istituzione. Ma l’idea della risurrezione, l’idea dell’Incarnazione, il potente messaggio di compassione e amore… quella è la chiave. I sacramenti, se riesci ad accostarti a loro, a farne esperienza, ti aiutano a stare vicino a Dio.” (9)

Legge la storia dei giapponesi cattolici con i suoi stessi occhi. I cattolici giapponesi ignorano la profondità della Trinità, e sono completamente avulsi dalle “politiche dell’istituzione”. Nella loro ingenuità e semplicità essi ascoltano Dio parlare mentre i gesuiti percepiscono, sconvolti, solo il silenzio. Ma il mondo è lo stesso, com’è possibile vivere la stessa esperienza ma avere una percezione di Dio differente? Tremenda è la scena di un martirio accettato: “Grazie Signore per aver ascoltato la mia preghiera” e la testa tagliata dal boia rotola nel selciato.

Nei giapponesi c’è la paura, rappresentata dalla figura di Kichijiro. Esso ha dubbi sconvolgenti, rappresentati nelle forme più violente, perché non esita a rinnegare Dio e a fuggire mentre la sua famiglia è trucidata perché si rifiuta. Ritornerà nella sua strada, quella della speranza. E alla fine con il passare degli anni accetterà finalmente di pagare il proprio debito per il tradimento della famiglia.

Scorsese: “Ma penso che il più affascinante e intrigante di tutti i personaggi sia Kichijiro. A volte, quando stavamo girando le scene, ho pensato: «Forse è “un po’” Gesù». In Matteo, Gesù dice: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Capita di trovarsi sul percorso una persona che ci ripugna: è Gesù. Naturalmente, Kichijiro è costantemente debole, e causa continuamente danni a se stesso e a molti altri, tra cui la sua famiglia. Ma poi, alla fine, chi c’è accanto a Rodrigues? Kichijiro. Egli era stato, si scopre, il grande maestro di Rodrigues. Il suo mentore. Il suo guru, per così dire. Ecco perché Rodrigues lo ringrazia alla fine.” (10)

Questa bella esposizione di Scorsese è vera. Kichijiro è il personaggio più affasciante. Se i gesuiti hanno nel loro passato, anni di severi studi di teologia e hanno costruito un’imballatura difficile da scalfire, Kichijiro ha invece una genuinità e una schiettezza umana, appare quasi innocente perfino di fronte alle proprie brutture.

Tra i tanti difetti dei due gesuiti l’orgoglio è quello più appariscente; di nuovo Scorsese:

“Ma se davvero si ha la chiamata, come si fa ad affrontare il proprio orgoglio? Se si è in grado di eseguire un rito in cui si produce la transustanziazione, allora sì: si è molto speciali. Tuttavia, è necessario anche qualcos’altro. Sulla base di ciò che ho visto e vissuto, un buon prete, oltre ad avere quel talento, quella capacità, deve sempre pensare anzitutto ai suoi parrocchiani. Quindi la domanda è: come fa quel prete a superare il suo ego? Il suo orgoglio? Volevo fare quel film.” (11)

Sono tanti gli esempi di accettazione del proprio destino per salvare altre persone.

Eppure l’ego, l’orgoglio, particolarmente di Sebastião, è il volano della storia. Tra tanti personaggi Sebastião è sempre visibile, con tanti slanci d’incertezza o di esagerata certezza. Ha una dualità interna non concepibile per un uomo di fede, ma è la dualità richiesta da Scorsese, perché esso stesso vuole comprendere, vuole esaltare la paura non del martirio ma la paura di convivere con l’orgoglio.

Aiuta il regista Andrew Garfield, specializzato nel 2016 in ruoli religiosi: gesuita in Silence e fervido un praticante della Chiesa cristiana avventista del settimo giorno in La battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson.

Il film di Scorsese si chiude nel 1682 con una voce fuori campo di un olandese, racconta della storia di un gesuita. Bisognerà aspettare la seconda metà del milleottocento per il ritorno di alcuni sacerdoti e di una ripresa del cattolicesimo in Giappone. “I cattolici giapponesi sono circa 450.000, mentre quelli non giapponesi, quindi immigrati, sono poco più di cinquecentomila. La popolazione cattolica di Nagasaki negli ultimi quarant'anni ha subito un lieve calo. Infatti, si è passati dai 76.000 del 1965 ai 65.000 del 2007.” (12)

Non sono un numero elevato per una popolazione di cento tre milioni di abitanti.

Ma i martiri del seicento non saranno gli ultimi per i cattolici giapponesi.

Il 9 agosto del 1945 un aereo americano lanciò la seconda bomba atomica su Nagasaki. Fu una strage.

Il cattolicesimo nacque e si sviluppo a Nagasaki, la sua comunità cattolica era la più ampia e la più viva. C’è un collegamento profondo fra il film e l’avvenimento atomico: Nagasaki e provincia è l’ambientazione di Silence.

Con la bomba atomica fu distrutta, per la seconda volta dopo le oppressioni del seicento, la società cattolica giapponese.

Una voce importante di denuncia era stata lanciata dal cardinale Giacomo Biffi:

"Possiamo ben supporre che le bombe atomiche non siano state buttate a casaccio. La domanda è quindi inevitabile: come mai per la seconda ecatombe è stata scelta, tra tutte, proprio la città del Giappone dove il cattolicesimo, oltre ad avere la storia più gloriosa, era anche più diffuso e affermato?".

... ...

In effetti, tra le vittime della bomba atomica su Nagasaki scomparvero in un sol giorno i due terzi della piccola ma vivace comunità cattolica giapponese. Una comunità quasi azzerata con la violenza per due volte in tre secoli.

Nel 1945 lo fu per un atto di guerra misteriosamente concentratosi su di essa. Tre secoli prima per una terribile persecuzione molto simile a quella dell'impero romano contro i primi cristiani, con epicentro sempre Nagasaki e la sua "collina dei martiri". (13)

Scorsese racconta degli avvenimenti del seicento, ma ci parla delle vittime della Chiesa in clandestinità nell’antica Roma, di quello accaduto nella seconda guerra mondiale fino ai giorni d’oggi, dove essere cattolici provoca altri martiri in molte parti del mondo. La colpa è ancora un silenzio, ma questa volta non quello di Dio ma quello degli uomini, indifferenti, silenziosi e paurosi per mancanza di coraggio.




(1) Leonardo Vittorio Arena, Samurai, Mondadori, Milano, I edizione oscar Storia febbraio 2003, pag. 193

(2) Leonardo Vittorio Arena, Samurai, Mondadori, Milano, I edizione oscar Storia febbraio 2003, pag. 194

(3) Leonardo Vittorio Arena, Lo spirito del Giappone La filosofia del Sol Levante dalle origini ai giorni nostri, Rizzoli, Milano, I edizione BUR Saggi gennaio 2008, pag. 15

(4) Leonardo Vittorio Arena, Lo spirito del Giappone La filosofia del Sol Levante dalle origini ai giorni nostri, Rizzoli, Milano, I edizione BUR Saggi gennaio 2008, pag. 97

(5) Leonardo Vittorio Arena, Lo spirito del Giappone La filosofia del Sol Levante dalle origini ai giorni nostri, Rizzoli, Milano, I edizione BUR Saggi gennaio 2008, pag. 105

(6) Leonardo Vittorio Arena, Samurai, Mondadori, Milano, I edizione oscar Storia febbraio 2003, capitolo Shimabara: una rivolta cristiana

(7) Rino Cammilleri, Il crocifisso del Samurai, Rizzoli,Milano, I edizione maggio 2009

(8) Rino Cammilleri, Shimabara no ran La grande rivolta di samurai cristiani, I.d.A. Istituto di Apologetica, Milano, 2012

(9) Intervista alla rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica il 9 dicembre 2016, realizzata dal direttore Antonio Spadaro. http://www.laciviltacattolica.it/articolo/silence-intervista-a-martin-scorsese/

(10) Intervista alla rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica il 9 dicembre 2016, realizzata dal direttore Antonio Spadaro. http://www.laciviltacattolica.it/articolo/silence-intervista-a-martin-scorsese/

(11) Intervista alla rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica il 9 dicembre 2016, realizzata dal direttore Antonio Spadaro. http://www.laciviltacattolica.it/articolo/silence-intervista-a-martin-scorsese/

(12) http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/interviste/2008/278q06a1.html

(13) http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/173602.html